PULIZIE IN CONDOMINIO, NO AL FAI DA TE

L’assemblea non può decidere che le pulizie delle scale siano effettuate personalmente dai condomini sulla base di un criterio turnario, a meno che tutti siano d’accordo. Una delibera siffatta sarebbe infatti nulla, perché pretenderebbe di modificare a semplice maggioranza il criterio legale di riparto delle spese relative ai beni e ai servizi comuni.

Lo ha chiarito la sesta sezione civile della Corte di cassazione nella recente ordinanza n. 29220 pubblicata lo scorso 13 novembre 2018.

Il caso concreto. Nella specie una condomina aveva impugnato la delibera assembleare con la quale era stato deciso a maggioranza che le pulizie della scala comune dell’edificio sarebbero state compiute personalmente a turno dai singoli condomini ovvero, in alternativa, da soggetti terzi incaricati e pagati volta per volta dal condomino cui sarebbero toccate le stesse sulla base di un calendario di interventi da programmare.

La condomina sosteneva la nullità della delibera in quanto l’assemblea, nel porre un obbligo personale a carico dei condomini, sarebbe andata oltre le proprie competenze.

Il giudice di prime cure aveva quindi provveduto a dichiarare la nullità della stessa, evidenziando come essa andasse a modificare a maggioranza il criterio di ripartizione per millesimi stabilito dal regolamento condominiale.

Diversamente la Corte di appello, adita dal condominio soccombente in primo grado, aveva ritenuto valida la delibera impugnata, in quanto giudicata relativa alle sole modalità di esecuzione delle spese di pulizia delle scale.

Di qui il ricorso presentato dalla condomina dinanzi alla Suprema corte, con il quale si contestava l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza resa dai giudici di appello.

La decisione della Cassazione. I giudici di legittimità, nell’esaminare le questioni sollevate dalla condomina ricorrente, hanno quindi a loro volta cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa dinanzi ad altra sezione della Corte di appello.

L’occasione è stata utile per ribadire una serie di considerazioni in merito all’individuazione dei criteri di riparto delle spese condominiali.

La Suprema corte ha infatti ribadito che una deliberazione adottata a maggioranza con la quale si intenda ripartire gli oneri derivanti dalla manutenzione delle parti comuni derogando ai criteri legali di cui agli artt. 1123 ss. c.c. è da ritenersi nulla per impossibilità dell’oggetto, in quanto esula dai poteri dell’assemblea quello di incidere sulla misura delle obbligazioni gravanti sui singoli condomini per forza di legge o di contratto.

In casi del genere, per superare questo limite, è quindi necessario raggiungere un accordo unanime da parte di tutti i condomini, nessuno escluso.

Infatti la ripartizione della spesa per la pulizia delle scale, secondo il nuovo art. 1124 c.c., come modificato dalla legge n. 220/2012 di riforma del condominio, va effettuata per metà sulla base del valore dell’unità immobiliare servita dalle stesse e per metà in misura proporzionale all’altezza dal suolo del relativo piano.

A sua volta il criterio in questione costituisce applicazione dei principi generali di cui al primo e al secondo comma dell’art. 1123 c.c., in base ai quali le spese condominiali vanno ripartite in misura proporzionale al valore millesimale delle diverse proprietà ma, per quanto riguarda i beni destinati a servire i condomini in misura diversa, i relativi oneri devono essere da questi sostenuti in proporzione dell’uso che ciascuno può farne. Infatti, da quest’ultimo punto di vista, si considera che i proprietari dei piani alti logorino le scale in misura maggiore rispetto ai proprietari dei piani bassi (Cassazione, sezione seconda civile, sentenza n. 432 del 12/01/2007).

Tuttavia, come si accennava, i criteri di ripartizione delle spese comuni fissati dalla legge, quindi anche quelli relativi alla pulizia delle scale, possono essere derogati, ma soltanto con il consenso dell’intera compagine condominiale, quindi con una convenzione modificatrice contenuta nel regolamento condominiale di natura contrattuale o in una deliberazione assembleare approvata all’unanimità da tutti i comproprietari e titolari di altri diritti reali.

Detta deroga, come specificato in altra decisione della Suprema corte, deve comunque essere stata prevista espressamente (Cassazione, sezione seconda civile, sentenza n. 1033 del 29/01/2000).

Questa diversa convenzione, come spiegato dai giudici di legittimità nella decisione dello scorso 13 novembre, può inoltre essere limitata anche al riparto di una singola spesa o a una specifica gestione annuale del condominio. In altri termini, la deliberazione assembleare approvata dall’intera compagine condominiale ben può limitare la deroga dei criteri legali alla ripartizione del costo di una singola attività di manutenzione delle parti comuni o a una specifica gestione contabile.

Non è infatti necessario che la diversa convenzione debba essere necessariamente finalizzata a sostituire una volta per tutte il titolo negoziale a quello legale o regolamentare, potendo anche disporre per così dire una sorta di sospensione di quest’ultimo limitatamente a una singola attività o a una determinata gestione.

Tuttavia, poiché anche in questo caso l’accordo viene a incidere sulla misura degli obblighi dei singoli partecipanti al condominio, la stessa non può essere rimessa alla volontà della maggioranza assembleare, ma deve fondarsi su una deliberazione unanime, ossia non limitata ai condomini presenti all’assemblea.

Infatti il dovere dei condomini di contribuire alle spese in proporzione al valore della rispettiva unità immobiliare o all’utilità che gli stessi traggono dal bene o dal servizio comune trova la sua fonte nel diritto di proprietà e, quindi, non può rientrare nelle attribuzioni dell’assemblea una potestà di deroga ai criteri legali di cui agli articoli 1123 e seguenti del codice civile.

La Suprema corte, nel cassare la sentenza emessa dai giudici di appello, ha quindi evidenziato come la stessa non si fosse attenuta a tali principi, avendo ritenuto che la delibera impugnata riguardasse «le modalità di esecuzione delle spese di pulizia delle scale», ossia che facesse riferimento «all’organizzazione e al funzionamento delle cose comuni».

La delibera in questione, al contrario, secondo la valutazione dei giudici di legittimità, non rivelava una portata meramente organizzativa, concernente soltanto le modalità d’uso delle cose comuni o la gestione e il funzionamento dei servizi condominiali, materie che sarebbero viceversa rientrate nelle competenze assembleari. Infatti il diritto-dovere di ciascun condomino, ex art. 1118 c.c., di provvedere alla manutenzione delle cose comuni comporta non solo l’obbligo di sostenere le relative spese, ma anche tutti gli oneri connessi alle modalità esecutive dell’attività manutentiva.

È tuttavia affetta da nullità la delibera dell’assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini espresso in apposita convenzione, si modifichino a maggioranza i criteri legali o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso l’imposizione, come nel caso di specie, di un obbligo di fare, ovvero di un comportamento personale, spettante in egual misura a ciascun partecipante e tale da esaurire il contenuto dell’obbligo di contribuzione.

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